Il mitilo mediterraneo (Mytilus galloprovincialis Lamarck 1819) - chiamato comunemente muscolo nelle regioni nord-occidentali, peocio in quelle nord-orientali e cozza nell'Italia centro-meridionale, è un mollusco bivalve ed equivalve. Talvolta è impropriamente chiamato mitile.
Morfologia
è un mollusco lamellibranco, dotato cioè di branchie a lamelle che assorbono l'ossigeno per la respirazione e che trattengono contemporaneamente il cibo per l'alimentazione, costituita soprattutto da plancton e particellato organico in sospensione.
La valva, composta principalmente da carbonato di calcio, si presenta esternamente di colore nero o nero-viola, con sottili cerchi d'accrescimento radiali e concentrici verso la parte appuntita; internamente si presenta invece di colore madreperla, ma con una superficie liscia. Le due valve sono tenute insieme da una cerniera con tre o quattro dentelli.
La forma è grossolanamente quadrangolare, con il margine valvare arrotondato da un lato e appuntito e leggermente incurvato dall'altro.
Una volta aperto, il mollusco mostra il mantello che contiene tutti gli organi interni, tra cui quelli riproduttivi.
La distinzione tra i due sessi è possibile grazie all'osservazione del colore del mantello stesso, il quale, una volta raggiunta la piena maturità sessuale, si presenta di colore giallo crema nei maschi e di colore rosso arancio nelle femmine.
L'animale si lega al supporto attraverso la fibra di L-3,4-diidrossifenilalanina (DOPA), in Tarantino denominata "Zoca", studiata per la straordinaria resistenza alla trazione [1]
Riproduzione
La riproduzione avviene emettendo sperma e uova nell'acqua, dove avviene la fecondazione esterna.
Le larve attraversano diversi stadi di sviluppo prima di diventare adulte, allorquando per mezzo del bisso, un filamento bruno che secernono e che si solidifica a contatto con l'acqua, sono in grado di fissarsi a rocce o supporti duri.
La sua vita media è di circa quattro anni e l'attività sessuale dura per tutta la vita. Ha una fecondazione incrociata.
Specie invasiva
Quella del mitilo è inserita nell'elenco delle 100 specie aliene più dannose del mondo.
Utilizzo per l'alimentazione
Il mitilo mediterraneo è edule, ma il suo consumo richiede molte precauzioni poiché esso può essere facilmente ricettacolo di batteri e/o virus molto pericolosi, specialmente se cresciuti in zone marine prossime a scarichi urbani od in zone ove le correnti marine trascinano elementi provenienti da acque reflue. Infatti essi, come d'altro canto tutti i lamellibranchi, filtrano attraverso le loro branchie, una gran quantità di acqua trattenendone particelle e microorganismi in essa sospesi.[1] (Le cozze potrebbero essere utilizzate proficuamente nella biodepurazione dei reflui urbani infatti una singola cozza è capace di depurare 4 litri di acqua inquinata all'ora.[senza fonte]) Per i motivi suddetti è sconsigliabile l'uso invalso di mangiarli crudi, conditi con succo di limone. In alcune zone del meridione d'Italia questo modo di cibarsene è considerato, erroneamente, apportatore di effetti afrodisiaci. La credenza poi, che succo di limone spruzzato sul mollusco uccida i batteri è assolutamente infondata, dato che per eliminare tutti i batteri il succo di limone impiegherebbe diverse ore, o addirittura giorni[2]. Le patologie più comuni che possono insorgere a seguito di ingestione di mitili crudi cresciuti in acque non perfettamente sane sono: tifo, paratifo, colera edepatite virale.[1]
Da un punto di vista delle calorie contenute nella parte edibile del mitilo, si ha una media di 58 calorie[3] ogni 100 gr.[4] Significativo l'apporto dietetico di ferro, ammontante a 5,8 mg ogni 100 gr di parte edibile.[1]
Oggi essi sono oggetto di coltivazioni in vivai di allevamento distribuiti in tutto il Mediterraneo.
I pescatori tarantini che emigrarono nel 1800 le esportarono anche in città come La Spezia. Altri allevamenti di notevoli dimensioni si trovano nel territorio di Cagnano Varano, nel Gargano[5].
Molte sono le ricette gastronomiche per la cottura[6] (per sommi capi):
in padella con vino bianco ed aromi vari, inclusi i gusci da gettare prima di servire
come componente di spiedini
fritti in pastella
gratinati in forno con prezzemolo, aglio ed olio di oliva
e numerosi altri:
In ogni caso nella cottura i mitili devono necessariamente aprirsi in modo tale da far fluire il calore nel cuore del mollusco uccidendo tutti i batteri, il che richiede idoneo tempo.
Denominazioni e tradizioni nelle regioni italiane
Nel Centro-Sud, il termine "cozza" ha assunto recentemente un'accezione gergale e metaforica, di probabile provenienza romanesca, connotante una donna o ragazza decisamente brutta.
In Campania, nel gergo dialettale corrente si pronunicia anche kòzzeca; in particolare a Napoli, il termine cozza o kòzzeca viene anche usato per connotare una donna di bassa cultura, rivelata dal particolare utilizzo di gergo troppo semplice e ricco di accenti tonici errati (computér invece di compùter). Sinonimi più arcaici dello stesso nome sono vaiassa, vasciaiola e vastasa. Il corrispettivo maschile, però, non è cozzo, ma cuozzo.
Ad Ancona, alle pendici del Monte Conero, il mitilo viene chiamato mòsciolo. Il mosciolo selvatico di Portonovo cresce tra il quartiere del Passetto e la spiaggia dei Sassi Neri di Sirolo ed è considerato un presidio di bio-sociodiversità dal Comune e dalla Provincia di Ancona. Il guscio del mòsciolo è caratterizzato da uno spesso strato di concrezioni ed è tradizione degli anconetani raccoglierlo sul fondale "facendo i fiati", ovvero in apnea. Il sapore del mòsciolo è più intenso di quello dei mitili d'allevamento.
A La Spezia, ove la tradizione della coltivazione risale alla fine del 1800, il termine locale per indicare i mitili è "muscoli".
In alcune zone della Sicilia le cozze vengono chiamate Cozzole di Messina; anche se effettivamente questo nome specificherebbe semplicemente i mitili provenienti dagli allevamenti situati in prossimità dello stretto (orientativamente caratterizzati da un sapore più deciso rispetto a quelli delle altre zone) il senso di questa definizione si è poi allargato facendo sì che con la parola cozzola si possano intendere vari tipi di mitili e concozzola di Messina le cozze vere e proprie.
Nei dialetti veneti il mitilo viene chiamato peocio o pedocio (generando, in quest'ultimo caso, omonimia con il termine dialettale per pidocchio).
Nel dialetto di Comacchio le cozze vengono chiamate "denti di vecchia".